martedì 28 ottobre 2008

L.133/08: lo smantellamento dell'Università Pubblica

L’approvazione del D.L. n. 112, divenuto con la conversione la Legge n. 133/08, ha segnato un solco nella storia dell’Università italiana. E’ inaccettabile che un testo normativo di tale portata, che mira a scardinare il carattere pubblico dell’Università e a stravolgerne il sistema, abbia seguito l’iter legislativo previsto per le disposizioni urgenti.

  • L’art. 16 fornisce la possibilità agli Atenei di trasformarsi in Fondazioni di diritto privato. Questa “possibilità” diventa un “invito” per via delle molteplici agevolazioni tributarie ed economiche introdotte e diventa una “costrizione” per via dei tagli ingenti previsti fino al 2013 (un totale di quasi 1.500 milioni di euro in 5 anni). Le Università diventeranno fondazioni in cui conteranno solo le scelte dei finanziatori e degli amministratori, sia nella didattica che nella ricerca, sotto la “vigilanza” del Ministro dell’Università e del Ministro delle Finanze.
Tale articolo rischia di cancellare 160 anni di storia dell’Università Pubblica, di cancellare l’insegnamento libero, di cancellare la concezione dello studio come un diritto.
  • L'art.66 dispone la limitazione delle assunzioni del personale a tempo indeterminato al 20% dei pensionamenti (viene assunto un professore ogni 5 che ne vanno in pensione). Di conseguenza, i numeri chiusi verranno istituiti nella maggior parte dei nostri corsi di laurea per rispettare il rapporto docenti/studenti (già superiore alla media europea) dei "Requisiti necessari", e il Diritto allo Studio ed il rispetto dell’Articolo 33 della Costituzione Italiana diventerà un semplice optional. La conseguenza più incombente per chi frequenta già un corso di laurea triennale è il numero chiuso per accedere alla magistrale. Chi invece frequenta un corso di laurea magistrale si troverà la strada sbarrata per dedicarsi alla ricerca, a causa dai troppi ricercatori rimasti in posizione precaria per il blocco delle assunzioni.

  • L'art.66 prevede anche una drastica riduzione del fondo di finanziamento per le spese di funzionamento degli Atenei. Si tratta di una riduzione che in 5 anni taglierà 1.441.500.000 € alle Università pubbliche, le quali, non potendo aumentare le tasse al di sopra del 20% del finanziamento pubblico, saranno costrette a ridurre i servizi agli studenti per chiudere il bilancio in pareggio, quindi a trasformarsi in fondazioni private cercando finanziatori esterni.

  • L'art.64, al comma 4­-ter, prevede la sospensione delle le Scuole di Specializzazione per l'Insegnamento Secondario (SSIS). Questa manovra viene dipinta come una razionalizzazione del personale docente e ATA. Si tratta solo di un provvedimento dettato dalla volontà di “fare cassa”, prescindendo dalla necessità di formare gli insegnanti, che precluderà la strada a molti giovani motivati che vorranno rivolgersi all'insegnamento.

Tutto questo porterà gli Atenei a dividersi tra coloro che riusciranno a percepire finanziamenti privati e coloro che invece dovranno accontentarsi di finanziamenti pubblici ogni anno più ridotti diventando Atenei di serie “C”. Inoltre, numeri chiusi per accedere ad Atenei con didattica e servizi ridotti all’osso, didattica e ricerca vincolate alle scelte dei finanziatori ovvero didattica e ricerca libere ma non i soldi per portarle avanti.


L’UNIVERSITÀ E LA RICERCA SONO IL FUTURO DI QUESTO PAESE. L’UNIVERSITÀ DEVE ESSERE PUBBLICA, LIBERA, ACCESSIBILE A TUTTI E DI QUALITÀ.

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